Année 2001-2002 : 16 avril 2002

Voyage musical en Italie
“les groupes populaires italiens”,
par l'équipe de l’Acorfi

Ce voyage nous mène à la rencontre des artistes qui animent la scène du mouvement de renouveau de la musique populaire. Ceux-ci ont renoué le fil du temps, recueillant l'héritage de leurs aînés pour faire revivre la musique traditionnelle et créer une musique nouvelle dans le respect de leur identité.

À Polino, en Ombrie, Lucilla Galeazzi a recueilli et transmis de nombreuses chansons, et par la suite, écrit de nouvelles qui expriment les préoccupations du présent.

À Venise, le groupe Calicanto cherche à exprimer dans sa musique le mélange des cultures occidentales et orientales qui a façonné la cité des Doges.

Exilés pendant vingt-cinq ans, les Frères Mancuso ont retrouvé à Sutera la terre de leur Sicile natale grâce à la musique. Ils expliquent comment les chants des bergers, imitant à l'origine le bêlement des brebis, ont donné naissance, avec le temps, aux polyphonies les plus sophistiquées.

À Alghero, en Sardaigne, le groupe Calic a retrouvé la pratique d'instruments traditionnels tels que les mandola, ximbomba, serraggia, pipiorus, benasou zucchittas. Il les utilise pour produire une musique traditionnelle contemporaine, mélange d'époques et d'influences géographiques diverses, à l'image de l'île vers laquelle convergèrent au fil des siècles les apports byzantins, arabes, catalans et italiens.

À Caserta et Naples, la Nuova Compagnia di Canto Popolare (N.C.C.P.) perpétue les chants et danses traditionnels du Sud de l'Italie dans une pratique qui ne doit rien à un souci folklorique artificiel mais qui témoigne du maintien d'une tradition vivante et en perpétuelle évolution.


Extrait de “Gens “, Musica Tradizionale

UMBRIA

In questa regione tenacemente attaccata alle tradizioni sono tuttora abbondanti le espressione dimusica popolare, ma di gran parte di esse non è stata ancora fatta una organica e completa raccolta. Gli argomenti, tratti dalla vita quotidiana di queste schiette e semplici popolazioni, rispecchiano da un alto il forte sentimento religioso e dall'altro lo sfogo a canti di gioia campestre: così accanto adun gran numero di canti religiosi in lode delle persone della S.S. Trinità e di molti santi patroni,canti morali e sentenziosi, si hanno liriche propriamente amorose, canzoni scherzose e mordaci,litigi e contrasti.

Numerose e varie sono le forme metriche, dove ricorrono più spesso canzoni, ballate, strombotti, rispetti, filastrocche, ninne nanne, scioglilingua e indovinelli.

VENETO

Il canto veneto è generalmente corale. Si cantava durante e dopo il lavoro in montagna e nei boschi, durante la vendemmia poi era d'obbligo cantare per non mangiare l'uva. Anche nelle fornaci si cantava e non solo per passatempo, ma per creare un coordinamento di squadra e rendere il lavoro più sopportabile. Si cantava anche nei teatri paesani che diventavano delle vere operette e contribuivano così alla diffusione del canto.
Gli strumenti musicali sono: i durevoli e gli occasionali. Tra i primi va ricordata la baga veneta che però è caduta in disuso da lungo tempo senza lasciare tracce, se non nei modi di dire. Era composta da un sacco di pelle munito di un bocchino e due pive, una di canto e una di bordone. Una buona fortuna hanno avuto anche i mandolino e il violino. Per le percussioni era usto il " thimpano " ( cembalo ) di tipo veneziano di grandi dimensioni. Tra gli strumenti occasionali ricordiamo lo strumento da accompagnamento che si otteneva infilando per il manico tre cucchiai dentro il collo di una bottiglia che poi veniva percossa.

SICILIA

La Sicilia è considerata da sempre la culla del canto popolare italiano, è ricca di stornelli, di serenate,di ninne nanne, di canti e giuochi di ragazzi, di satire, di mottetti e di leggende sacre e profane. In taluni paesi delle province di Palermo ed Agrigento si festeggia il maggio cantando "Primaveravinni " o "Vinni Maju, vinni amuri". Ogni avvenimento della vita è stato cantato dal popolo.

Per quanto riguarda i balli sono sopravvissuti quello nuziale chiavu, lu diavulecchiu (girotondo), la puliciusa (tarantella) e, fra gli altri, la fasola, una volta rappresentata e cantata (affine alla tarantella).

Strumenti tipici sono il mariolu o marranzanu o ngannalaruni (lo scacciapensieri), l'azzarinu (sistro),il friscalettu (flauto a becco), il tammurinu (grosso tamburo), la ciaranedda (cornamusa) ed il circhettu .

SARDEGNA

La danza e' uno degli aspetti piu' interessanti del folklore sardo, le cui origini sono da ricercare, secondo gli studiosi, nella preistoria. Provano l'antichita' del ballo due elementi importantissimi: le Launeddas, originario strumento colquale venivano accompagnate le danze, ed il legame che esse hanno con il fuoco. Il culto del Fuoco, infatti, sta alla base del folklore sardo, come di ogni folklore di origine remota.

In Sardegna si celebravano ed ancora si celebrano con caratteristici fuochi alcune feste paesane (S.Antonio - S. Giovanni) in segno di ringraziamento ad un santo. Alla vigilia di queste feste si preparano i fuochi e poi si danza intorno ad essi, con formule e riti che variano da paese a paese. Le danze sarde hanno sicuramente un movente psicologico e ideologico insieme, in quanto racchiudono motivi prevalentemente di ordine religioso oltre che sociali. Certo e' che i balli in Sardegna, sopratutto ieri, non costituivano solo ragione di semplice divertimento, ma erano piuttosto espressione diretta di istinti ed aspirazioni profonde del singolo come del gruppo. La principale caratteristica del ballo sardo e' la compostezza che deve assumere ogni ballerino, la serieta' di atteggiamento e di esecuzione. Non e' facile descrivere il movimento fondamentale del corpo nei balli sardi, movimento che deve essere di base per ogni singolo ballo e sul quale si innestano i vari passi. Si tratta di un particolare assecondamento ritmico cui partecipa sopratutto il tronco, che prende il nome di "drinnire".

CAMPANIA

L'espressione popolare come creazione anonima e collettiva quasi non esiste in Campania se si eccettua la tarantella e la pastorale. Una vera e propria produzione dialettale comincia verso il Cinquecento: sono villanelle o canzoni villanesche, brevi composizioni a 3-4 voci, accompagnate con arpa e liuto. Nel '700 con lo splendore dell'opera buffa della scuola napoletana, la canzone napoletana viene innalzata a istituzione cittadina ed ha la sua festa nella notte del 7 settembre alla Chiesa della Madonna di Piedigrotta. Le canzoni napoletane vengono cantate con accompagnamento di chitarre e mandolini, ed anche da caratteristici strumenti popolari a percussione detti putipù,triccaballacche, scetavajasse, ecc.

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